Chiunque può scrivere su qualsiasi cosa, nella SEO (forse)

Chiunque può scrivere qualsiasi cosa, sul web, su qualsiasi argomento. Un punto di partenza importante sul quale, col tempo, si è sviluppato il cosiddetto semantic web e si possono fare ragionamenti in chiave SEO.

In altri termini il paradigma AAA (Anyone can say Anything about Any topic) a cosa può servire nel settore SEO?

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SEO e Semantic web: una storia controversa

Il web e la SEO si basano sugli ipertesti, i link che spesso smerciamo, falsifichiamo, acquistiamo “abusivamente”, vendiamo e compriamo: essi sono, infatti, un fattore di posizionamento essenziale per il ranking del nostro sito.

Andare al di là del link: il web semantico nella sua definizione classica sembrava suggerire esattamente questo. Web semantico è un termine coniato da Tim Berners Lee che fa riferimento alla semantica del web, cioè alla possibilità che le pagine assumano significati ulteriori, al netto dell’analisi del markup, dello “stile narrativo” e dei contenuti o tool contenuti nelle nostre pagine). In seguito il problema che uno possa emulare la semantica, e senza troppi sforzi – tanto più che oggi esiste ChatGPT a cui possiamo chiedere di scrivere come se fossimo dei SEO esperti quando non lo siamo, così come prima potevamo chiedere ad un copy esperto di scrivere un bell’articolo di medicina per promuovere il nostro medicinale alle erbe omeopatiche.  La questione del re francamente non credo che si possa uscire: dipende tutto dall’etica che ci siamo imposti, se ne abbiamo una, del resto anche Alan Turing negli anni 50 aveva posto il problema se si potesse decidere con certezza, a guardare solo un testo scritto, se a scrivere sia un computer o una persona, e se restiamo a valutare lo scritto non possiamo deciderlo in alcun modo o in assoluto.

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Una pagina web è semantica se, ad esempio, contiene meta-dati sulle pagine che siano prettamente semantici: non solo title e meta description, in sostanza, ma anche ulteriori formati che siano adatti alla lettura e all’interpretazione da parte dei motori di ricerca. I rich snippets, per le ricette, i contenuti multimediali o le recensioni, ad esempio, potrebbero essere un esempio significativo in tal senso.

Con l’interpretazione del contenuto dei documenti che il Web semantico impone, sarebbero in teoria possibili ricerche più evolute delle attuali, basate

  1. sulla presenza nella pagina web di determinate parole chiave;
  2. sulla costruzione di reti di connessioni tra documenti secondo logiche tipo quelle di Schema.org.

Ad esempio, ad oggi, se cercate il mio sito Trovalost.it su Google fino a qualche tempo fa (ora non più) apparivo sulla destra come autore ed artefice dello stesso, probabilmente come “risposta” di Google alla presenza del rich snippet Website (riportato di seguito):

Ed ecco il probabile “snippet semantico” di riferimento:

John Mueller: i rich snippets non sono un fattore di ranking

Stranamente, o forse per evitare abusi, Google sembra suggerire che si tratti di una tecnologia che non è proprio “posizionante”, come si potrebbe pensare.

Articolando il proprio pensiero in tre punti chiave (i rich snippets comunicano informazioni extra sulla pagina, il contenuto delle pagine ovviamente è determinante a prescindere, il fatto che una pagina abbia i rich snippets non garantisce nulla in termini di posizionamento), Mueller ha più volte negato che i rich snippets, particolare aspetto del web semantico, siano influenti su un buon posizionamento (fonte).

Cos’è il paradigma AAA

Il web si sviluppa fin dalla sua nascita sul paradigma AAA (Anyone can say Anything about Any topic), che esprime un fatto molto controverso, per certi versi: sul web, alla fine, chiunque può essere – o sembrare – esperto di qualsiasi cosa.

Per esempio: posso ottimizzare un sito di argomento tecnologia & web hosting ed essere un ingegnere informatico che sa tutto di open source, architetture e configurazione di server – ma posso, al tempo stesso, anche scrivere di carte di credito, carroattrezzi o ricette vegan, essere ugualmente credibile e raggiungere le prime posizioni su Google allo stesso modo. L’abbandono del tag di authorship, in tal senso, è stato un ripensamento di Google molto importante in tal senso, che ha spianato la strada ad un mercato nuovo – ma anche, purtroppo, esponendoci ad eventuali fake news e imbonitori della domenica.

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Del resto ci sta pure: il web è bello perchè è vario, è alla portata di tutti (almeno in parte) e chiunque – alla fine – potrebbe farcela. Dal lato siti informazionali (quelli di tutorial, per intenderci, da WikiHow ad Aranzulla) il paradigma AAA è una prova concreta di dove si possa arrivare producendo contenuti di qualità, a prescindere da chi tu sia davvero (i tutorial di WikiHow ad esempio, non sono nemmeno firmati), e laddove la qualità è intesa nel senso di “giuste risposte alle giuste domande“.

Paradigma AAA lato SEO

Dal punto di vista dei SEO, quindi, AAA è un paradigma incoraggiante che ci spinge a produrre contenuti sempre più completi e “su misura” per gli utenti. Non importa chi scrive ma come lo scrive (e come lo linka, aggiungerei): e questo è quanto.

Ci sono anche corsi SEO che hanno introdotto lo studio del paradigma AAA, nel contesto della definizione di strategie editoriali apposte (mi riferisco ad esempio a DeepSEO di Marco Maltraversi).

In generale, direi che si tratta di un approccio interessante che dovrebbe essere approfondito e studiato a fondo.

Fonte, immagine di copertina: Ryoji Iwata on Unsplash

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Salvatore Capolupo

Ingegnere informatico dal 2006.